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Rifiuti: “l’imprenditore camorrista”, il massone e il consulente parlamentare

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Non solo rifiuti e clan nell’indagine della Procura di Napoli che ha portato all’arresto 17 persone, ma anche contatti con uomini delle istituzioni. Giuseppe Carandente Tartaglia, titolare dell’omonima impresa, è stato arrestato dai carabinieri del Noe per associazione camorristica in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Napoli Egle Pilla. Carandente, secondo l’impianto accusatorio, non è solo partecipe della fazione criminale capeggiata da Michele Zagaria, boss per oltre 15 anni latitante, poi finito in manette nel dicembre 2011, ma capace “anche attraverso i necessari contatti istituzionali” di affrontare e risolvere “i costanti momenti di cosiddetta emergenza succedutisi in regione Campania”.

I pm lo definiscono ‘l’imprenditore camorrista‘, emanazione della fazione Zagaria, in rapporti con clan dello spessore dei Polverino, Mallardo e prima ancora dei Nuvoletta. L’inchiesta ha fatto luce sugli affari dell’imprenditoria criminale che ha realizzato la discarica di Chiaiano, fiore all’occhiello della gestione commissariale di Guido Bertolaso, durante il governo di Silvio Berlusconi. Nelle carte dell’indagine emergono con chiarezza i rapporti contrattuali, i carabinieri ne contano 63, tra le sigle societarie di Carandente – ora le aziende sono sotto sequestro – e Fibe Spa, del gruppo Impregilo, che aveva vinto l’appalto per la gestione dei rifiuti in Campania. In conferenza stampa i vertici della Procura hanno precisato che nessun soggetto di Fibe è coinvolto, così come la stessa società, a nessun titolo nell’indagine.

I collaboratori di giustizia danno ampio risalto al rapporto intercorrente tra Fibe e i fratelli Carandente Tartaglia, Franco e Giuseppe. I pm scrivono: “La possibilità di restituire attraverso le imprese del Carandente Tartaglia alla medesima criminalità organizzata una parte delle risorse pubbliche ottenute da Fibe-Fisia in relazione alla gestione dei rifiuti in Campania ha enfatizzato il ruolo di interfaccia del Carandente, come descritto dai collaboratori, sdrammatizzando sul territorio le possibili pretese minacciose o violente da parte del crimine organizzato”. Lavori in cambio di tranquillità stando al racconto dei pentiti.

Tra i lavori eseguiti da Edilcar anche il subappalto per la costruzione dell’inceneritore di Acerra. Il pentito Gaetano Vassallo racconta di un rapporto tra Carandente e un esponente di Fibe, ma non ne ricorda il nome: “Carandente mi disse di averlo conosciuto quando questo ingegnere, come rappresentante di Impregilo, aveva gestito un grosso appalto (…). In quella circostanza, tra i due, si era costituito un rapporto, oltre che amicale, di comunanza di interessi economici che potrei definire “mazzettaro”. Giuseppe Carandente Tartaglia gode anche di altri rapporti con Giovanni Conte, non indagato, massone, componente del consiglio delle luci della loggia Losanna e Romano Carlo, “faccendiere – si legge nella richiesta cautelare – già tratto in arresto da questo ufficio e condannato, in questo procedimento, per il delitto di corruzione”. Il pentito Roberto Perrone racconta di Carandente come disponibile a risolvere, per via massonica, alcuni problemi del boss Polverino: “Carandente, in realtà, pur senza promettere nulla, rispose che forse aveva il modo per poter influire sull’amministratore giudiziario in quanto entrambi iscritti alla medesima loggia massonica”.

Non sono gli unici rapporti di Giuseppe Carandente Tartaglia, altri emergono dalle intercettazioni. “Emerge uno spaccato allarmante – scrivono i pm – di rapporti tra l’imprenditore camorrista con l’insospettabile professionista ben introdotto in ambienti giudiziari e istituzionali, Stefano Vignone, l’ufficiale di polizia giudiziaria della Dia, il capitano Giovanni Giove (non indagato, ndr), a sua volta legato al Carandente da interessi economici ed addirittura (il Giove) nominato consulente della commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti”.

Vignone è stato anche consulente di diverse procure campane, e interrogato dai pm rispetto ai rapporti con Carandente Tartaglia, nel periodo nel quale il professionista gestiva da amministratore giudiziario un bene confiscato, non ha chiarito il suo comportamento, definito dai pm indifendibile, ed è stato indagato per false informazioni al pubblico ministero. Una rete, ampia e articolata, quella di Giuseppe Carandente Tartaglia, l'”imprenditore camorrista” del clan Zagaria.

twitter: @nellotro

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