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Presentò il suo libro all’evento dei massoni: il Csm “salva” dal trasferimento il pg di Brescia

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“Ha chiuso la serata l’intervento del presidente del collegio, che ha detto di riconoscere nel testo e nello spirito di Rispoli l’anima massonica. Indizio a sostegno della tesi, condivisa da molti fratelli, che massoni si nasce, non si diventa”. Quello che precede è un passaggio, tratto dalla rivista Erasmo del Grande Oriente d’Italia (Goi), del resoconto della presentazione del libro Indagine sull’eternità, tenuta nel febbraio 2018 alla “casa massonica di Bolzano“. Nulla di interessante, se non fosse che l’autore del libro e ospite dell’incontro – quel “Rispoli” elogiato per la sua chiara “anima massonica” – è Guido Rispoli, 61 anni, già procuratore capo del capoluogo altoatesino e attuale procuratore generale di Brescia. Per aver partecipato all’evento organizzato dal Goi, Rispoli è stato sottoposto dal Consiglio superiore della magistratura a una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità funzionale, in cui si ipotizzava che “la contiguità, seppur incolpevole, con l’ambiente massonico” fosse “idonea a incidere sull’indipendenza e imparzialità” del magistrato, e che le sue scelte potessero “apparire influenzate o essere percepite come condizionate dai pregressi rapporti personali intrattenuti con soggetti aderenti alla massoneria”. Al termine dell’istruttoria, però, la Prima Commissione del Csm ha chiesto all’unanimità l’archiviazione, ritenendo che non sia “emersa alcuna contiguità del dottor Rispoli con l’ambiente massonico”. La proposta è stata poi approvata a maggioranza dal plenum (l’organo al completo) nella seduta di mercoledì 10 maggio.

La pratica nasceva da un esposto di Cuno Tarfusser, sostituto pg a Milano e a lungo membro italiano della Corte dell’Aja, meranese come Rispoli (i due sono da anni in rapporti molto tesi). Allegando l’articolo uscito su Erasmo, Tarfusser accusava il collega di vicinanza alla massoneria e in particolare a Francesco Scaratti, ex presidente del collegio dei Maestri venerabili del Trentino-Alto Adige. Audito dal Csm, Scaratti – si legge nella delibera di archiviazione – ha in effetti detto di conoscere Rispoli “fin da quando era ragazzo” e di aver assistito, anni prima, a una conferenza tenuta da lui e dal teologo Vito Mancuso (coautore di Indagine sull’eternità), “rimanendone affascinato”: in quell’occasione aveva “detto al magistrato di appartenere al Grande Oriente d’Italia (…) invitandolo a presentare il libro presso la casa massonica di Bolzano”, e in particolare “nella sala dei passi perduti, descritta come una biblioteca per accogliere i fratelli prima del lavoro rituale”. Al pg era stato chiarito, però, che si sarebbe trattato di “un evento aperto a tutti“, organizzato nell’ambito “delle serate a fini culturali chiamate “giovedì no”, proprio per distinguerle dai giovedì in cui si svolgevano i lavori della loggia”. Per quanto riguarda l’articolo sulla rivista del Goi, infine, Scaratti precisava che Rispoli “non era stato informato della pubblicazione, trattandosi di una cronaca che viene letta soltanto dagli associati”; e che “il riferimento all’“anima massonica” era da intendersi come complimento”, senza “nessun’altra valutazione di altro tipo”, così come la frase “massoni si nasce, non si diventa”, un semplice “slogan“.

Dopo aver ascoltato il Maestro venerabile, la Prima Commissione aveva aperto la procedura di trasferimento d’ufficio nei confronti di Rispoli, ritenendo “necessario” verificare se fosse stato “compromesso lo svolgimento delle sue funzioni“. “L’ambiente presso cui si è tenuta la presentazione del libro”, si leggeva nella contestazione iniziale, “è indiscutibilmente massonico secondo la descrizione fornita dallo Scaratti”, e peraltro “l’iniziativa non era aperta al pubblico ma solo a soggetti legati da vincoli di parentela o amicizia con i massoni”. Convocato a palazzo dei Marescialli, però, il pg di Brescia si è giustificato dicendo che l’evento non si era svolto in una sala massonica, ma in “una sala normale, che di rituale non aveva nulla, in cui c’erano “tantissime persone non massone di sicuro perché erano cento persone, uomini e donne. Non ho mai avuto rapporti con la massoneria, non c’è mai stato un mio atto condizionato dalla massoneria”, ha rivendicato, aggiungendo che il contenuto del libro è “assolutamente agli antipodi rispetto al pensiero massonico”. Una ricostruzione che alla fine ha convinto il Csm: “Le audizioni e la documentazione prodotta dalla difesa hanno consentito di accertare con tranquillizzante chiarezza” che la presentazione “si è svolta in un ambiente non massonico”, e che la frase sull'”anima massonica”, “oltre a non essere stata pronunciata alla presenza del dott. Rispoli, rappresenta soltanto l’espressione di una valutazione dello Scaratti“, si legge nel provvedimento di archiviazione.

Nella discussione in plenum, però, più consiglieri hanno annunciato l’astensione, poco convinti dalle motivazioni della delibera. Su tutti la prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, membro di diritto del Consiglio, che ha dedicato alla vicenda un lungo intervento: “Questa pratica è delicata sotto alcuni profili“, ha detto. “Qui non è in discussione la libertà di manifestazione del pensiero, ma le modalità della presentazione di questo volume, che da quello che ho capito non è avvenuta in una sala aperta indiscriminatamente al pubblico, ma accessibile solo agli appartenenti alla loggia massonica e ai loro familiari. Bisogna chiedersi se sia opportuno che il magistrato, prima di accettare l’invito, non verifichi preliminarmente le modalità con prudenza ed equilibrio, tanto più necessari se si rivestono incarichi di rilievo. Partecipare con quelle modalità può incidere sull’immagine del magistrato”. Astenuto anche il consigliere laico in quota Fratelli d’Italia Felice Giuffré: “Il magistrato deve prestare la massima attenzione alle condotte che possono dare un’immagine distorta della sua posizione”, ha ricordato.

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Mafia e massoneria, Bisi: “In Sicilia abbiamo depennato dalle logge due condannati”. Di Bernardo: “È la sanzione contro i morosi”

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Che fine fanno i massoni affiliati al Grande Oriente d’Italia coinvolti in inchieste di mafia? Il tema è tornato di attualità con l’arresto di Matteo Messina Denaro e quello, conseguente, di Alfonso Tumbarello,il medico accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver curato consapevolmente il latitante trincerato dietro un falso nome. Tumbarello era iscritto alla loggia Valle di Cusa-Giovanni di Gangi di Campobello di Mazara, affiliata al Grande Oriente, e risulta attualmente sospeso. Questa vicenda, però ha fatto riemergere un altro caso, quello di Vito Lauria, figlio del boss locale Giovanni Lauria, diventato nel 2004 membro della loggia Arnaldo da Brescia di Licata (Agrigento) – nota per aver affiliato il poeta premio Nobel Salvatore Quasimodo – ed eletto tre volte Gran Maestro. Solo che anche Vito è stato arrestato il 31 luglio 2019, e condannato in appello il 20 luglio 2022 a otto anni per associazione mafiosa. Si attende il verdetto di Cassazione.

Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere la relazione sul caso inviata al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, dal presidente della Circoscrizione Sicilia del Grande Oriente, Antonino Recca, inviata poco dopo l’arresto, il 19 agosto 2019. Dalla relazione emerge che i fratelli della loggia Arnaldo da Brescia erano consapevoli della caratura criminale del padre, ma fino ad allora “non avevano mai avuto dubbi sull’onestà personale del figlio”.

Scrive però Recca che “non è comprensibile e giustificabile la sua elezione a Maestro Venerabile alla fine del 2016 (l’inchiesta giudiziaria ha inizio proprio in quel periodo)”. Fatta salva la presunzione d’innocenza per Vito Lauria, e concessa la buona fede ai fratelli della loggia, il presidente Recca sottolinea la “colpevole accondiscendenza” e la “saccente sufficienza” in base alla quale hanno ampiamente sottovalutato l’opportunità di accogliere l’iscrizione di Lauria e di favorirne la carriera interna, senza calcolare il potenziale impatto negativo “che la presenza del figlio di un noto delinquente in una loggia del Grande Oriente d’Italia, avrebbe avuto sull’opinione pubblica”. Così il presidente del Grande Oriente in Sicilia chiede al Gran Maestro Bisi di “prendere in considerazione la sospensione temporanea della loggia Arnaldo da Brescia”.

Non stupisce dunque che la condanna in appello per Lauria (che in primo grado era stato assolto) abbia risollevato qualche malumore interno. Il Gran maestro Stefano Bisi ha preso provvedimenti? E quali?

Vito Lauria è stato depennato“, afferma Bisi, contattato da ilfattoquotidiano.it. La stessa sorte è toccata a Lucio Lutri, funzionario della Regione Sicilia, anche lui condannato in appello nella stessa inchiesta. Lutri, infatti, era Maestro Venerabile di un’altra loggia affiliata al Grande Oriente d’Italia, la “Pensiero e azione” di Palermo. Bisi spiega che il provvedimento è stato adottato dalla Giunta del Grande Oriente a metà aprile, ma non fornisce ulteriori dettagli, né documenti. E puntualizza: “Le infiltrazioni mafiose possono esserci in qualunque organizzazione pubblica e privata, da Aosta a Palermo. Le persone in questione erano già sospese a tempo indeterminato, provvedimento in capo al Gran maestro. Dopo le condanne in appello abbiamo provveduto al depennamento”. Nessun provvedimento contro la Loggia Arnaldo da Brescia, di cui il presidente circoscrizionale Recca aveva suggerito la sospensione: “Non si azzera un’intera organizzazione per le condotte di un singolo”, replica Bisi. “La giunta del Goi ha valutato di non sciogliere la loggia, conoscendo il suo modo di lavorare”.

Tutto a posto allora? Non per Giuliano Di Bernardo, già Gran Maestro del Grande Oriente, che da tempo si fa interprete di malumori interni al mondo massonico (che Bisi nega: “Sono appena stato in Sicilia, non c’è alcun malumore”), anche relative al rapporto fra logge e criminalità organizzata in Sicilia. “Il depennamento di applica in caso di assenza dai lavori rituali e morosità”, afferma Di Bernardo citando i documenti che regolano la vita del Grande Oriente, dagli “Antichi doveri” alla “Costituzione e Regolamento dell’Ordine”, dove all’articolo 12 si cita il depennamento. “Cosa c’entrino queste fattispecie con le condotte penalmente rilevanti, e moralmente sensibili?”.

Un provvedimento del genere, preso in un atto tenuto riservato, “non dice assolutamente nulla circa il disvalore massonico delle condotte poste in essere da Vito Lauria e Lucio Lutri sul piano profano”, continua Di Bernardo. Secondo l’ex Gran maestro, il Grande Oriente avrebbe dovuto aprire una Tavola d’Accusa, cioè un procedimento interno che può portare all’espulsione dall’Ordine massonico. Non solo per Lauria e Lutri, ma anche per Tumbarello. Bisi spiega dal canto suo che la Tavola non è stata aperta perché era già in corso il procedimento della magistratura.

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Mafia e massoneria, la Cassazione conferma sei condanne: 8 anni all’ex gran maestro della loggia di Licata

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Un intreccio tra mafia, politica e massoneria deviata. La Cassazione mette un punto fermo dopo l’operazione Halycon-Assedio, scattata fra il luglio e l’agosto del 2019. Un’inchiesta che ha provocato roventi polemiche anche all’interno del Grande oriente d’Italia, la principale obbedienza del Paese. Sei condanne diventano definitive, per altri 4 imputati sarà necessario un secondo processo di appello.

I giudici hanno annullato la condanna a otto anni per Lucio Lutri, funzionario regionale ed ex maestro venerabile della loggia “Pensiero e Azione” di Palermo: era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Condanna annullata anche per Angelo Lauria, 49 anni, farmacista di Licata, in provincia di Agrigento: entrambi sono stati adesso scarcerati. Sono state annullate soltanto relativamente alla quantificazione della pena le condanne anche per Raimondo Semprevivo, presunto braccio destro del boss Angelo Occhipinti, e Giuseppe Puleri, ritenuto membro della famiglia mafiosa di Campobello di Licata: la pena andrà ricalcolata tenendo conto delle attenuanti generiche.

Diventano, invece, definitive 6 condanne: 20 anni e 4 mesi ad Angelo Occhipinti, ritenuto il nuovo boss di Licata, 8 anni a Vito Lauria, massone che era al vertice della loggia “Arnaldo da Brescia” di Licata, figlio di Giovanni, considerato il boss del paese. Sentenza definitiva anche per Angelo Graci, che ha preso 2 anni e 6 mesi di reclusione per favoreggiamento personale aggravato. La Suprema corte ha messo il bollo anche sulle condanne a 8 anni e 10 mesi di reclusione per Giovanni Mugnos, ritenuto “l’alter ego” del boss Giovanni Lauria: Prende 2 anni e 4 mesi, invece, Marco Massaro, accusato di favoreggiamento aggravato per avere rivelato a Mugnos dell’esistenza di microspie all’interno della sua auto. Nell’inchiesta era rimasto coinvolto anche l’ex consigliere di Licata, Giuseppe Scozzari, condannato e arrestato alcune settimane fa in seguito alla condanna definitiva a 5 anni per scambio elettorale politico mafioso.

Quand’era scoppiata l’inchiesta alcuni esponenti della loggia “Giordano Bruno” di Termini Imerese avevano annunciato di voler abbandonare il Grande Oriente. Avevano chiesto lo scioglimento della loggia di Licata, ma dal Goi era arrivato un rifiuto. Il gran maestro Stefano Bisi ha spiegato al ilfattoquotidiano.it di aver preferito cancellare gli imputati dagli elenchi: “Le infiltrazioni mafiose possono esserci in qualunque organizzazione pubblica e privata, da Aosta a Palermo. Le persone in questione erano già sospese a tempo indeterminato, provvedimento in capo al Gran maestro. Dopo le condanne in appello abbiamo provveduto al depennamento“.

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Chiesa e massoneria, il Vaticano ribadisce: “I cattolici non possono essere iscritti a logge, neanche gli ecclesiastici”

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I cattolici non possono essere iscritti a logge massoniche. A ribardirlo è la Santa sede, in un documento del Dicastero per la Dottrina della Fede a firma del prefetto Victor Fernandéz, con l’approvazione di Papa Bergoglio. Il dicastero, in particolare, ha risposto alla richiesta di un presule, monsignor Julito Cortes, vescovo di Dumanguete nelle Filippine. Cortes, “dopo aver illustrato con preoccupazione la situazione della sua diocesi, a causa del continuo aumento di fedeli iscritti alla massoneria, ha chiesto suggerimenti per fronteggiare adeguatamente tale realtà dal punto di vista pastorale, tenendo conto anche delle implicazioni dottrinali”.

Il dicastero ha coinvolto anche la Conferenza episcopale delle Filippine, puntualizzando che “sarebbe necessario mettere in atto una strategia coordinata tra i singoli vescovi che preveda due approcci”. Il primo riguarda il piano dottrinale: il dicastero ribadisce che ”l’iscrizione attiva alla massoneria da parte di un fedele è proibita, a causa dell’inconciliabilità tra dottrina cattolica e massoneria”. Dunque, chiarisce la nota, “coloro che formalmente e consapevolmente sono iscritti a logge massoniche e hanno abbracciato i princìpi massonici, ricadono sotto le disposizioni presenti nella succitata Dichiarazione. Queste misure si applicano anche agli eventuali ecclesiastici iscritti alla massoneria”. L’ex Sant’Uffizio consiglia ai vescovi filippini “di svolgere una catechesi popolare in tutte le parrocchie, riguardo alle ragioni dell’inconciliabilità tra fede cattolica e massoneria”.

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‘Ndrangheta a Torino, le estorsioni al mega mercato e il ruolo dell’ex gran maestro massone: “I calabresi? Da me non vengono”

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“Tu sei marocchino e noi siamo calabresi, hai capito?”. Non lasciava spazio a dubbi il quesito davanti al quale è stato messo il gestore di un banco del più grande mercato ortofrutticolo del Piemonte, a Grugliasco. Dagli atti di un’inchiesta della Direzione antimafia di Torino – coordinata dai pm Paolo Toso e Francesco Pelosi e condotta dal Gico della Guardia di Finanza – emerge anche questo episodio di estorsione che la ‘ndrangheta ha compiuto nel profondo Nord, ai danni di un grossista di frutta e verdura. L’indagine ha avuto un primo punto fermo con un’ordinanza di 450 pagine firmata dal gip Rosanna Croce, in forza della quale tre persone sono finite in carcere e due sono sottoposte a obbligo di dimora. A essere colpiti dalle misure cautelari sono uomini vicini alle cosche, comprimari e colletti bianchi. Le accuse contestate a vario titolo sono estorsione e intestazione fittizia di beni aggravate dal metodo mafioso, truffa ai danni dello Stato per ottenere erogazioni pubbliche nel periodo del Covid e bancarotta fraudolenta. In carcere sono finiti i presunti estorsori, i fratelli Domenico e Vincenzo Albanese e Carmine Forciniti (incensurato, anche se il suo nome è comparso nel “noto” processo Minotauro).

L’inchiesta ha documentato l’interesse delle ‘ndrine per i grossisti che lavorano al Caat di Grugliasco (estraneo all’indagine). Stando alle indagini dei finanzieri nel 2019 gli indagati si sono presentati da un gestore, marocchino, di uno stand accampando un credito da 40-50mila euro per una fornitura a loro dire mai saldata. La vittima aveva rifiutato di pagare, allora quelli erano passati ad altri metodi: “Tu sei marocchino e noi siamo calabresi, hai capito?”. A quel punto il commerciante aveva accettato di vendere il banco in cambio di un corrispettivo, ma i calabresi avevano insistito per averlo gratis “in considerazione del debito (fittizio, ndr) vantato”. Magra consolazione per l’esercente: la possibilità di “lavorare per loro a stipendio”. La cessione poi ci sarà per davvero e verrà perfezionata con atto firmato davanti al notaio, al prezzo (rimasto solo su carta) di 20mila euro. Pressioni aggravate dall’aver “agito in più persone, ed avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo che legava Napoli alla ‘ndrangheta”, con la quale gli indagati “avevano anche rapporti diretti”, e prospettando alla vittima “il pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale di quel genere”. A essere citato negli atti è Francesco Napoli, boss condannato per associazione mafiosa nel processo Minotauro e scarcerato a ottobre 2019 (è poi morto a causa del Covid un anno fa).

Tra gli addebiti anche vari episodi di intestazione fittizia di beni e quote societarie. L’obiettivo era schermare proprio Napoli che non poteva fare l’imprenditore e in particolare il titolare di un’impresa di ortofrutta. Il gruppo – secondo l’accusa – si è avvalso della collaborazione di un commercialista compiacente (a cui non viene contestata l’aggravante mafiosa), ma altrettanto fondamentale è stata la disponibilità del 64enne Saverio Delli Paoli, anche lui commercialista, originario di Biella ma residente a Rivoli, dipendente della Regione ed ex Maestro Venerabile della Loggia Grande Oriente d’Italia. Delli Paoli – sottoposto a obbligo di dimora – deve rispondere di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche a favore di varie imprese riconducibili allo stesso Napoli: avrebbe organizzato degli incontri tra i funzionari di una filiale della Cassa di Risparmio di Asti e vari prestanome “interponendo i propri buoni uffici” e “predisponendo la documentazione a sostegno dell’istanza” necessaria per ottenere i ristori Covid. Denaro poi conquistato insieme alle garanzie statali sui finanziamenti accordati da almeno tre banche. Alcuni degli indagati poi avrebbero pilotato il fallimento di un’impresa ortofrutticola vendendo le quote a un soggetto insolvente, un cittadino extracomunitario, con l’obiettivo di polverizzare la concorrenza su piazza.

Un intero capitolo dell’ordinanza è dedicato al funzionario massone, che nel 2011 si è anche candidato alle amministrative di Torino con l’Udc appoggiando la corsa a sindaco di Alberto Musy. Nelle intercettazioni Delli Paoli si profonde anche in dettagli sul proprio ruolo fra i “grembiulini”: “Sono anche fondatore, un minimo di rispetto rispetto al culo che mi sono fatto per fondare questa roba qua… sono un ex maestro venerabile non hai rispetto neanche degli ex maestri venerabili”, dice in una telefonata, mentre in un’altra ostenta sicurezza di fronte all’eventualità di subire ritorsioni dai “calabresi”: “Ma no, ma no… a me non vengono a prendere a casa nessuno, fidati… Io sono all’interno dì una struttura che non non mi viene a prendere nessuno… fidati… stai tranquillo che non mi viene a prendere nessuno”.

Quello coordinato dai pm della Dda torinese è uno dei filoni investigativi che, insieme ad altri, “hanno condotto a riaffermare l’esistenza nell’area piemontese, e segnatamente nel comune di Carmagnola, del dominio mafioso delle cosche di ndrangheta”, si legge nell’ordinanza. Un rivolo delle operazioni Carminius e Fenice che hanno portato alla condanna per 416 bis, tra gli altri, di Salvatore e Francesco Arone, descritti come i “capi dell’articolazione carmagnolese”. Articolazione che secondo gli inquirenti è “riconducibile alle famiglie Arone-Defina-Serratore e collegata alla cosca Bonavota”, attiva nel Vibonese.

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Massoni al voto, il Grande Oriente elegge il nuovo Gran maestro. Tre candidati in corsa: è sfida tra il vice di Bisi e il candidato antimafia

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È il giorno delle elezioni per la maggior parte di massoni d’Italia. Il Grande Oriente, la principale obbedienza del Paese, sceglie oggi il suo nuovo Gran maestro. Al voto, nelle varie circoscrizioni, sono chiamati circa 17mila iscritti col grado di maestro tra gli oltre 22mila fratelli muratori. Tre i candidati in corsa: il cosentino Antonio Seminario, attualmente Gran maestro aggiunto e dunque “vice” del numero uno uscente Stefano Bisi, il ravennate Leo Taroni, leader di una lista che ha tra i suoi obiettivi la lotta ai tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata nelle logge, e il barese Pasquale La Pesa, considerato il terzo incomodo, capace di drenare voti alle altre liste. Le regole fissano al 40% la soglia minima per essere eletti al primo turno, in caso contrario servirà il ballottaggio tra i due candidati più votati, già fissato per il 24 marzo.

Anatomia di un voto – Per la verità, però, la sfida a tre sarebbe già ridotta a uno scontro a due. Secondo i rumors interni, infatti, saranno Seminario e Taroni a contendersi la successione di Bisi, che da regolamento non può candidarsi per il terzo mandato dopo averne già trascorsi due al vertice del Goi. Dieci anni durante i quali il Grande oriente è finito tra le polemiche per la questione delle infiltrazioni mafiose: l’apice della tensione risale al 2017 quando la commissione Antimafia guidata da Rosi Bindi aveva ordinato il sequestro degli elenchi degli iscritti, dopo uno scontro velenosissimo con il Gran maestro. Sempre per questa questione, cioè per la gestione degli iscritti accusati di contiguità con i clan, Bisi è diventato recentemente bersaglio di attacchi arrivati dal Cavaliere nero, il canale Telegram di controinformazione sulla massoneria. Attacchi ai quali Bisi non ha mai replicato, liquidando la questione con una semplice battuta: “Quello è un profilo anonimo, chi scrive queste cose dice una bischerata“. Sulle contestazioni relative ai massoni sotto inchiesta, invece, il Gran maestro ha sempre sottolineato di aver provveduto alla sospensione, subito dopo aver appreso delle indagini in corso.

Seminario, l’erede di Bisi (e Bellantoni) – Una difesa che non ha sopito gli attacchi arrivati dal canale Telegram. Anzi si può dire che ultimamente l’attività del Cavaliere nero si è intensificata. Soprattutto nei giorni precedenti al voto. L’election day dei grembiulini, infatti, si preannuncia decisivo per il futuro della più grande obbedienza massonica italiana. In questo senso le candidature di Seminario e Taroni polarizzano lo scontro. Il primo si candida in continuità con la gestione Bisi e infatti nella sua squadra ha incluso vari esponenti dell’attuale Gran maestranza, cioè l’organo che governa il Vascello, la villa dove ha sede il Goi a Roma. A sostenere Seminario anche Ugo Bellantoni, gran maestro onorario, uno dei massoni più in vista in Calabria, che era stato indagato per concorso esterno alla ‘ndrangheta nell’inchiesta Rinascita Scott della procura di Catanzaro. La posizione di Bellantoni è stata poi archiviata, mentre a processo era finito Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia, che in primo grado è stato condannato a 11 anni. Pure Pittelli è uno storico esponente del Grande oriente in Calabria: Bisi lo aveva sospeso subito dopo aver appreso dell’indagine a suo carico.

Taroni e la lista antimafia – La questione dei rapporti pericolosi tra massoneria e clan è praticamente il punto principale del programma presentato dalla lista Noi insieme, che sostiene la candidatura di Taroni. L’aspirante Gran maestro si è impegnato a rimanere in carica per un solo mandato, durante il quale promuoverà un’azione improntata sull’avversione ai tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata nelle logge. Un impegno esteso nel contrasto alla cosiddetta “mentalità mafiosa“, definita come “un morbo velenoso e mortifero che non deve trovare dimora nel Tempio della fratellanza”. Dichiarazioni che avevano provocato la reazioni di Bisi. “Nessuno osi affermare che il Grande Oriente d’Italia Palazzo Giustiniani è compromesso e solidale con la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra. Continuerò a combattere perché nessuno, soprattutto dall’interno, si permetta di gettare ombre e accuse immotivate sulla nostra comunione”, aveva scritto pochi mesi fa il numero uno dei Goi nella sua Balaustra, cioè una sorta di nota con il quale il Gran maestro comunica con le logge. Erano giorni roventi per l’obbedienza, dato che si era diffusa anche la voce di una possibile tavola d’accusa contro Taroni e gli altri candidati della lista antimafia. La tavola d’accusa è un procedimento interno che può portare all’espulsione dall’Ordine massonico: ecco perché era stata anche evocata una possibile scissione tra gli iscritti al Goi. Alla fine, però, Taroni e gli altri erano stati risparmiati. E adesso puntano a prendere il posto di Bisi e dei suoi storici alleati.

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Massoneria, polemiche e audio fake: per il nuovo Gran maestro corsa all’ultimo voto. In vantaggio il candidato antimafia Taroni

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Massoni, polemiche e audio fake. È una corsa all’ultimo voto condita dalle polemiche quella per eleggere il nuovo Gran maestro del Grande oriente d’Italia, la principale obbedienza del Paese. I dati definitivi ma non ufficiali consegnerebbero la vittoria a Leo Taroni, il candidato che ha posto al centro del suo programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge. I condizionali, però, sono obbligatori: a leggere i numeri diffusi in queste ore dal Cavaliere nero, il canale Telegram di controinformazione massonica, il candidato antimafia avrebbe soltanto 15 voti di vantaggio su Antonio Seminario, attualmente Gran maestro aggiunto e dunque “vice” del numero uno uscente Stefano Bisi. Entrambi hanno superato largamente il quorum del 40% e dunque il vincitore di questo testa a testa sarebbe eletto al primo turno. Bisognerà però aspettare ancora per avere l’ufficialità.

Massoni spaccati – Ad avere diritto di voto erano 17.350 massoni col grado di maestro dei circa 22.500 iscritti. A votare, però, sono andati solo in 13.723, con 3.627 che hanno preferito astenersi, cioè più del 20%. A Taroni sono andati 6.482 voti, pari al 47,23%, mentre Seminario si è al momento fermato a 6.467, cioè il 47,13%. Staccatissimo il terzo candidato, il barese Pasquale La Pesa, con 723 preferenze. La mappa del voto consegna un Paese spaccato pure quando c’è da eleggere i vertici della massoneria: il nord Italia e parte del centro (come la Toscana di Bisi) hanno votato l’antimafioso Taroni, il sud invece si è espresso militarmente per Seminario. L’attuale Gran maestro aggiunto è andato fortissimo nella sua regione, la Calabria, dove ha preso l’82% dei voti e dove poteva contare sul sostegno di alcuni grembiulini noti come Ugo Bellantoni, gran maestro onorario. Da segnalare come la Calabria sia anche la Regione con più massoni nel Paese, sia tra gli iscritti che tra quelli andati al voto: sono 1.852 i calabresi che hanno votato il nuovo Gran maestro, il 14% dei voti totali a livello nazionale, 700 in più della Lombardia nonostante gli 8 milioni di abitanti in meno. C’è poi la Toscana con 1.701 votanti e la Sicilia con 1.441: anche sull’isola i massoni si sono espressi in grande maggioranza (il 62%) per Seminario.

I voti contestati – A fare da ago della bilancia, adesso, saranno i 28 voti assegnati a Taroni in Abruzzo ma contestati a causa di un tagliandino che doveva essere staccato dalla scheda. Se dovessero essere annullati, dunque, Seminario passerebbe in vantaggio di 13 preferenze ma per vincere dovrebbe ottenere anche i 70 voti che gli sono stati assegnati in Sicilia, nonostante siano sub judice per la stessa questione del tagliandino. Sarà dunque una corsa all’ultimo voto, con l’eventuale riconteggio che sarà probabilmente deciso sabato 9 marzo dalla Commissione elettorale nazionale convocata alla villa del Vascello, la sede del Goi a Roma. Sarà quello l’organismo che dovrà decidere le prossime tappe, in modo da arrivare coi dati definitivi alla Gran loggia di aprile a Rimini, quando il nuovo Gran maestro sarà formalmente nominato.

Il giallo dell’audio fake – Va considerato, però, che trattandosi delle elezioni della massoneria i colpi di scena potrebbero ancora non essere finiti. Nella giornata di martedì, per esempio, era cominciato a circolare un audio di Taroni che si autoproclamava Gran maestro, ringraziando gli elettori. Una registrazione disconosciuta dal candidato antimafioso con una lettera pubblicata sui suoi profili social. “Mi spiace rilevare che qualche simpaticone si diverte con gli ormai numerosi siti di intelligenza artificiale, un po’ come va di moda fare tra i giovani sui social con la voce di Gerry Scotti che canta simpatiche canzoni”. Anche Bisi è intervenuto con un comunicato stampa per dire che è stato diffuso “un file audio contenente la registrazione di un messaggio vocale di un sedicente candidato autoproclamatosi Gran maestro il quale afferma di avere conseguito un vantaggio di 27 voti in considerazione di schede ingiustamente annullate ed il cui computo gli sarebbe stato garantito come valido dalla Commissione elettorale nazionale. Si invita, pertanto, a non dar credito a tali fake news o improprie esternazioni e ad attendere l’esito dell’attività di verifica della Commissione elettorale nazionale”.


Il programma antimafia – Anche se disconosce l’audio fake, comunque, nella sua missiva Taroni si esprime da vincitore: “Oggi non è elettoralmente prevalso Leo Taroni, ma ha vinto il Grande oriente d’Italia, avete vinto voi, Fratelli miei, che con il vostro voto avete parlato e indubitamente scelto il governo dell’Istituzione per i prossimi cinque anni”. Nato a Ravenna 76 anni fa, imprenditore con laurea in Economia a Bologna, Taroni si troverà davanti a un incarico delicato: chiunque vincerà le elezioni, infatti, dovrà governare un’obbedienza spaccata completamente in due, che negli scorsi mesi ha più volte corso il rischio di una scissione. Va poi considerato che a differenza di Seminario, candidato in continuità con la decennale gestione di Bisi, il leader della lista Noi Insieme ha presentato un programma di rottura col passato, impegnandosi a rimanere in carica per un solo mandato, durante il quale promuoverà un’azione improntata sull’avversione ai tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata nelle logge. Un impegno esteso nel contrasto alla cosiddetta “mentalità mafiosa“, definita come “un morbo velenoso e mortifero che non deve trovare dimora nel Tempio della fratellanza”. Un’ambizione che ora dovrà tradurre in azione concreta.

Elezioni trasparenti – Comunque vada di sicuro si può già dire che per la prima volta le elezioni interne al Grande oriente sono uscite dal misterioso cono d’ombra che da sempre ammanta la massoneria. Merito, senza dubbio, del lavoro portato avanti dal Cavaliere nero, che sarà pure una chat anonima nata per contestare le condotte dei vertici attuali del Grande oriente, ma ha contribuito a rendere più trasparenti le dinamiche interne ai fratelli muratori. Un’azione che ha avuto l’effetto di rilanciare l’attenzione sulle tematiche massoniche, rese più accessibili grazie all’uso di un social come Telegram.

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Massoneria: Seminario eletto Gran maestro del Goi, ma lo sconfitto Taroni annuncia ricorso. Chiuso il canale del Cavaliere nero

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È Antonio Seminario il nuovo Gran maestro del Grande oriente d’Italia. Prevale dunque la continuità al vertice della più grande obbedienza massonica del Paese, anche se l’esito del voto ha provocato aspre polemiche. La lista che sostiene il candidato sconfitto, Leo Taroni, ha subito annunciato ricorso alla giustizia interna del Goi, ma anche alla magistratura ordinaria. E mentre sul Grande oriente tornano a soffiare i venti di scissione, va segnalata la chiusura del Cavaliere nero, il canale Telegram di controinformazione massonica che era seguito da migliaia di utenti e veicolava istanze di trasparenza all’interno del Goi. Ma andiamo con ordine.

L’esito del voto – A dare notizia dell’elezione di Seminario è un comunicato stampa del Goi. “Con grande senso di appartenenza e consci dell’importanza dell’evento per il bene supremo dell’Ordine quasi 14mila fratelli maestri si sono recati alle urne negli Orienti di tutta Italia per esprimere democraticamente la propria preferenza”, si legge nella nota, in cui si spiega che “la Commissione elettorale nazionale, riunitasi a Villa il Vascello, ha proceduto alle operazioni di controllo e verifica previste dal Regolamento dell’Ordine”. Dopo il voto nelle logge del 3 marzo scorso, infatti, spettava alla Commissione elettorale nazionale analizzare i verbali e diffondere i risultati ufficiali. La riunione fissata per il 9 marzo è andata avanti fino a notte fonda all’interno della Villa Il Vascello, la sede del Goi a Roma. Alla fine l’esito ha consegnato la vittoria a Seminario, il candidato sostenuto dall’attuale Gran maestro Stefano Bisi. Con lui risultano eletti Sandro Cosmai e Giuseppe Trumbatore come Gran maestri aggiunti, Sergio Monticone quale Primo Gran sorvegliante, Raffaele Sechi come Secondo Gran Sorvegliante, Marco Vignoni nel ruolo di Grande oratore e Andrea Mazzotta a Gran tesoriere. Secondo quello che trapela, a Seminario sono stati attribuiti 6.369 voti, pari al 46,09 per cento del totale mentre a Taroni sono stati assegnate 6.343 preferenze, cioè il 45,90 per cento. Terzo Pasquale La Pesa con 688 voti, che equivalgono al 4,98 per cento.

Chi è il nuovo Gran maestro – Dopo la verifica della Commissione elettorale sono dunque 26 i voti che hanno garantito l’elezione del nuovo Gran maestro, che ha ottenuto un terzo delle sue preferenze nelle logge della Sicilia e della Calabria, la sua regione. Nato a Crosia, in provincia di Cosenza, il 5 febbraio del 1958, Seminario è di Rossano, dove ha sede la sua loggia di appartenenza, la Francesco Galasso. Candidato sostenuto da Bisi, ha improntato la sua campagna elettorale seguendo una linea di continuità col Gran maestro uscente, in carica per due mandati consecutivi nell’ultimo decennio. A sostenere Seminario anche Ugo Bellantoni, gran maestro onorario, uno dei massoni più in vista in Calabria, che era stato indagato (e poi archiviato) per concorso esterno alla ‘ndrangheta nell’inchiesta Rinascita Scott della procura di Catanzaro.

Annullati 139 voti a Taroni – L’elezione del nuovo numero uno del Goi viene comunque contestata da Taroni, imprenditore di Ravenna che aveva posto in cima al suo programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge. “Purtroppo, ci sono stati annullati 139 voti perfettamente validi per la legge statale (ma, incredibilmente, non per la maggioranza dei membri della Cen) ed è stata così dichiarata, per il momento, la prevalenza elettorale della Lista n. 2 capeggiata da Seminario”, si legge in un comunicato dalla lista Noi Insieme, che sostiene il candidato sconfitto. Secondo i dati diffusi dal Cavaliere nero nei giorni scorsi, infatti, Taroni sarebbe stato in vantaggio di 15 voti. Quei numeri, però, non erano ufficiali e anzi avevano provocato la reazione di Bisi: “Le anticipazioni dei risultati di voto, oltre che contrarie al Regolamento associativo, non potrebbero che essere premature, approssimative e non verificabili”, aveva scritto il Gran maestro due giorni fa, invitando ad aspettare l’esito dei lavoro della Commissione elettorale. Che ha incoronato Seminario, dopo aver annullato diverse decine di preferenze a Taroni: le schede, infatti, presentavano ancora il tagliandino antifrode, che deve essere staccato dai presidenti di seggio. “La decisione della Cen è errata e illegittima in quanto contraria alla sua stessa giurisprudenza, visto che nel 2014 e nel 2019 è stata ritenuta valida la preferenza elettorale contenuta in schede munite del tagliando antifrode”, protestano i secondi classificati. Sottolineando che la decisione assunta dalla Commissione “è stata adottata dopo una maratona di oltre 18 ore durante la quale, ci risulta per certo, da parte della maggioranza dei suoi membri è stato opposto un costante rifiuto dogmatico e fideistico a ogni richiesta di altri membri fondata sul diritto interno, sul diritto dello Stato, sul buon senso e sullo spirito fraterno”. I massoni sconfitti contestano il fatto che le schede votate in tutta Italia siano state inviate e poi custodite nella sede del Vascello per tre giorni prima della verifica della Commissione elettorale.

Il ricorso di Taroni – “Ricorreremo immediatamente alla Corte Centrale in sezione elettorale”, fanno dunque sapere dalla lista Noi Insieme. Annunciando anche ricorso alla giustizia ordinaria: “Se obbligati, qualora la Corte Centrale in sezione elettorale denegatamente perseveri nella negazione della legalità e del rispetto della volontà del corpo elettorale e, quindi, respinga il nostro ricorso, ci rivolgeremo senza indugio e con ferrea determinazione al giudice territorialmente e funzionalmente competente, in ogni sede e per ciascun profilo giuridicamente rilevante, per ottenere immediata giustizia per Noi e per i 6.482 Fratelli che ci hanno votato”. L’obiettivo di Taroni e dei suoi è sospendere l’esito del voto, prima che Seminario sia proclamato alla Gran loggia del 5 aprile. Si tratta di un evento che si svolge a Rimini, dove gli oltre 600 maestri venerabili di tutte le logge incoronano il nuovo Gran maestro. Anche qui però le incognite non mancano visto che nel centro Nord il numero delle logge è superiore rispetto al Sud, anche se nel complesso il numero dei massoni è inferiore. Le logge del Settentrione, però, sono quelle che hanno premiato Taroni.

La chiusura del Cavaliere nero – Sullo sfondo di questo voto condito da veleni e carte bollate, da segnalare la chiusura del canale Il Cavaliere nero. Dopo la notizia della sconfitta di Taroni, infatti, i gestori della chat hanno sospeso la propria attività. “Ci sono voluti sei lunghi giorni, ma alla fine lo scempio annunciato si è compiuto. Il nostro supporto alla legalità ed alla trasparenza lo abbiamo dato. Ora non possiamo far altro se non lasciar parlare i Tribunali, la Magistratura ordinaria e gli organi competenti. Dal canto nostro ci ritiriamo, dopo aver preso atto che davanti a questi metodi da Sudamerica neppure la forza dell’informazione può sperare di produrre un risiltato efficace. Ci dispiace, ma per il Grande Oriente d’Italia crediamo si sia spenta definitivamente la luce”, è l’ultimo post pubblicato dal canale, che ha invitato i suoi iscritti a unirsi a un’altra chat (Libero muratore channel). Il Cavaliere nero era nato in antitesi con le gestione di Bisi, spesso oggetto degli attacchi arrivati su Telegran. Critiche anonime, come ha spesso sottolineato il Gran maestro in carica, che però hanno avuto l’effetto di puntare i riflettori sulle vicende del Grande oriente: un epocale passo avanti in termini di trasparenza tra i cappucci e i grambiulini. Nei giorni scorsi, tra l’altro, i gestori del canale avevano lanciato un appello alla stampa italiana affinché vigilasse sul voto per il nuovo Gran maestro: un caso senza precedenti nella ultra secolare storia della massoneria. Appello che non era piaciuto a Bisi: il Gran maestro aveva fatto sapere che “a tutela dell’onorabilità della nostra istituzione massonica non saranno tollerate oltre e verranno perseguite nelle opportune sedi giudiziarie eventuali ulteriori deprecabili insinuazioni o allusioni contenute in strumentali richiami all’osservanza della legalità”.

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Grande oriente, lo strappo dei massoni sconfitti: “Boicottiamo l’insediamento di Seminario come nuovo Gran maestro”

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Vorrebbero boicottare l’insediamento del nuovo Gran maestro, eletto tra le polemiche. Si fa incandescente il clima interno al Grande oriente d’Italia, la principale obbedienza massonica del Paese. Dal voto per scegliere il successore di Stefano Bisi sono passati dieci giorni, ma le contestazioni non accennano a placarsi. Anzi sul Goi sembrano tornare a soffiare venti di scissione.

Le elezioni del nuovo numero uno del Grande Oriente, infatti, sono state tra le più polarizzate di sempre. In corsa c’era Leo Taroni, imprenditore di Ravenna che si era candidato ponendo in cima al suo programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge e criticando aspramente la decennale gestione di Bisi. È in totale continuità con quella linea, invece, che si è candidato Antonio Seminario, già Gran maestro aggiunto, che poteva contare sul supporto dell’attuale numero uno e delle logge del Sud Italia. Alla fine, dallo spoglio, è emersa una netta spaccatura territoriale: le Regioni del Nord – dalla Lombardia all’Emilia Romagna – hanno votato soprattutto per Taroni, mentre quelle del Mezzogiorno – soprattutto la Sicilia e la Calabria – hanno sostenuto in maniera massiccia Seminario. Proprio quest’ultimo è risultato il candidato eletto, alla fine di una lunghissima riunione della Commissione elettorale nazionale.

Un’elezione contestata quella di Seminario, maturata sul filo di lana: il vincitore ha ottenuto 6.369 voti, mentre allo sconfitto sono state assegnate 6.343 preferenze, soltanto 26 in meno. Le polemiche sono dovute all’annullamento di 139 voti andati a Taroni: dalle schede, infatti, non è stato staccato il tagliandino antifrode. È per questo motivo che oggi i sostenitori del candidato sconfitto polemizzano, rivolgendo al Gran maestro eletto l’epiteto di “Tonino Talloncino“.

Taroni ha già annunciato ricorso sia alla giustizia interna che a quella amministrativa, ma intanto i suoi sostenitori hanno lanciato un’operazione di boicottaggio, battezzata “Boicottiamo Tonino Talloncino“. La protesta è stata annunciata con una nota pubblicata sulla chat Telegram Libero Muratore Channel, che ha idealmente raccolto il testimone del Cavaliere nero, una sorta di canale di controinformazione della massoneria, chiuso dai suoi gestori subito dopo l’ufficializzazione dell’esito del voto. “Come annunciato, stavolta è stata troppo grande e troppo sporca, anche la pazienza ha i suoi limiti”, si legge nella nota dei seguaci di Taroni. “È in corso in queste ore il boicottaggio della Gran Loggia di Rimini da parte delle cariche apicali dei collegi del Nord Italia e di tutti quei Maestri Venerabili che avranno a cuore di dimostrare che il Grande Oriente vuole stare dalla parte della Legalità e delle Istituzioni Repubblicane. Sono già in atto le disdette delle prenotazioni effettuate e le assenze saranno tutte in segno di protesta nei confronti del Cen e di sostegno al fratello Leo Taroni!”, scrivono i massoni sconfitti.

Il regolamento interno, infatti, prevede che la proclamazione del nuovo Gran maestro avvenga alla Gran loggia di Rimini, il congresso annuale del Grande oriente, previsto dal 5 e 7 aprile. Davanti ai vertici apicali delle 862 logge di tutto il Paese, Bisi proclamerà l’elezione di Seminario, che dunque entrerà in carica. Le regole interne, però, prevedono che per costituire la Gran loggia occorra la presenza di almeno la metà più uno dei rappresentanti delle logge. I sostenitori di Taroni, dunque, puntano a convincere almeno 432 maestri venerabili – cioè la quota necessaria per raggiungere il quorum – a non presentarsi a Rimini, in modo da boicottare la nomina ufficiale di Seminario. Se non è una scissione, poco ci manca. L’impressione è che i colpi di scena interni alla massoneria non siano ancora finiti.

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Massoneria, la corsa al Grande oriente finisce a carte bollate: fissata l’udienza per decidere sui ricorsi elettorali di sconfitti e vincitori

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Si terrà il 22 marzo la prima udienza della Commissione centrale del Grande oriente d’Italia per decidere sui ricorsi elettorali presentati dopo l’elezione del nuovo Gran maestro. Non si placa la polemica all’interno della più grande obbedienza massonica del Paese. Come previsto, infatti, la questione relativa all’elezione del successore di Stefano Bisi è finita a colpi di carte bollate.

Elezioni sul filo – Ad annunciare ricorso erano stati i candidati della lista guidata da Leo Taroni, imprenditore di Ravenna che aveva posto in cima al suo programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge e criticando aspramente la decennale gestione di Bisi. È in totale continuità con quella linea, invece, che si è candidato Antonio Seminario, già Gran maestro aggiunto, che poteva contare sul supporto dell’attuale numero uno e delle logge del Sud Italia. Alla fine, dallo spoglio, è emersa una netta spaccatura territoriale: le Regioni del Nord – dalla Lombardia all’Emilia Romagna – hanno votato soprattutto per Taroni, mentre quelle del Mezzogiorno – soprattutto la Sicilia e la Calabria – hanno sostenuto in maniera massiccia Seminario. Proprio quest’ultimo è risultato il candidato eletto, alla fine di una lunghissima riunione della Commissione elettorale nazionale. A Seminario sono stati assegnati 6.369 voti, mentre a Taroni sono andate 6.343 preferenze, soltanto 26 in meno.

Voti contestati – Le polemiche sono dovute soprattutto all’annullamento di 139 voti dello sconfitto: dalle schede, infatti, non è stato staccato il tagliandino antifrode. È per questo motivo che Taroni aveva annunciato l’intenzione di fare ricorso sia alla giustizia interna che a quella amministrativa. La Corte centrale del Goi, sezione ricorsi elettorali, si è già mossa, fissando nel 22 marzo alle ore 10 e 30 la Camera di consiglio: l’obiettivo, evidentemente, è arrivare a una decisione prima della Gran loggia di Rimini, che dovrà proclamare il nuovo Gran maestro. Un appuntamento che gli sconfitti stanno cercando di boicottare.

Pure Seminario fa ricorso – Dal decreto di fissazione udienza si scopre tra l’altro che a ricorrere contro il risultato delle elezioni non è solo la lista di Taroni. Nel documento firmato dal presidente della Corte, Alberto Moschini, si apprende che anche i candidati della lista guidata da Seminario hanno depositato un ricorso il 14 marzo, cioè quattro giorni dopo che la Commissione centrale elettorale aveva sancito la vittoria del candidato di Bisi. Fonti interne al Goi fanno sapere che la richiesta di Seminario è escludere completamente la lista di Taroni dalle elezioni, contestando la mancata sospensione dei candidati sconfitti dal Rito scozzese antico e accettato, cioè uno dei riti iniziatici della massoneria. In pratica, dopo aver ottenuto i primi tre gradi cosiddetti simbolici (apprendista, compagno e maestro), è possibile scegliere un rito per proseguire il percorso di approfondimento massonico. Il rito Scozzese – guidato da Taroni fino al 2018 – è una sorta d’elite del mondo massonico: consente di arrivare al 33esimo grado ed è quello con più iscritti a livello internazionale.

L’udienza – Nel decreto del presidente Moschini si chiede di acquisire le dichiarazioni di autosospensione di tutti i candidati dal Rsaa. Il giudice relatore Rosario Sansone dovrà inoltre acquisire il verbale originale della Commissione elettorale nazionale, che il 10 marzo ha consegnato la vittoria a Seminario, i verbali originali dell’Ufficio elettorale circoscrizionale e tutti i documenti pre elettorali. Sansone è espressamente autorizzato ad aprire i plichi sigillati. La Camera di consiglio si terrà alla Villa il Vascello, la sede del Goi a Roma, alla presenza dei rappresentanti delle due liste, del Grande oratore Michele Petrangeli e del coordinatore della commissione elettorale, Antonio Cimò. Sarà solo il primo passaggio per cercare di sanare una spaccatura, che sembra essere insanabile.

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I massoni di Rito Scozzese scrivono al Gran maestro: “Ritiri il bando contro di noi. Abbiamo garantito la tenuta nei periodi bui della P2”

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Una lettera lunga quattro pagine per chiedere “un segno di apertura” al Gran maestro del Grande Oriente d’Italia: “Ritirate il divieto di affiliazione al Rito Scozzese e di frequenza dei suoi lavori che avete imposto ai Fratelli Maestri del Goi“. Nel terremoto che sta scuotendo la massoneria italiana c’è una nuova, ennesima, puntata. È una richiesta formale quella che Giulio Nigro, sovrano del Rito Scozzese Antico e Accettato, ha inviato ad Antonio Seminario, numero uno del Goi. Una missiva dettagliata in cui Nigro rivendica le sue ragioni e chiede al Gran maestro di ripristinare le “minime condizioni di agibilità per i Fratelli e di relazione tra Istituzioni”, in modo da organizzare un incontro e”riannodare i fili recisi“.

Fratelli coltelli – Come ha raccontato Il Fatto Quotidiano, negli ultimi mesi i cappucci e i grembiulini sono stati travolti da una violenta guerra intestina, scoppiata dopo il voto per eleggere il nuovo Gran maestro. Le elezioni sono state vinte di misura da Seminario su Leo Taroni, ma sul voto si è subito scatenata una battaglia fatta di veleni e carte bollate. Gli sconfitti, dati in vantaggio prima del conteggio ufficiale, non riconoscono la legittimità del risultato, la cui regolarità deve ancora essere confermata dalla Commissione centrale. L’esito dovrebbe arrivare a giorni, ma Taroni ha già annunciato l’intenzione di voler ricorrere alla giustizia ordinaria. Leader di una lista che aveva posto in cima al proprio programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge, Taroni in passato è stato alla guida del Rito Scozzese. Ed è proprio a causa degli orientamenti espressi per le elezioni che si è creata una profonda spaccatura tra gli “scozzesi” e gli attuali vertici del Goi.

Il bando di Seminario – Per capire la portata dello strappo bisogna partire dal presupposto che il Goi e il Rito Scozzese non sono due obbedienze rivali, tutt’altro. Per molti, infatti, il Rito Scozzese è una sorta di gruppo d’élite all’interno della massoneria. In pratica, dopo aver ottenuto i primi tre gradi (apprendista, compagno e maestro), gli iscritti al Grande Oriente possono scegliere un rito per proseguire il loro percorso di liberi muratori. Tra i più esclusivi c’è proprio quello Scozzese, che ha un numero maggiore di iscritti a livello internazionale e consente di arrivare fino al grado più alto della massoneria, il 33esimo. In Italia, tra i 23 mila esponenti del Goi, ne fanno parte circa 4 mila persone. Ora dovranno scegliere: se continuano a frequentare i lavori del Rito Scozzese, rischiano l’espulsione dal Grande Oriente. “L’adesione al predetto corpo rituale e/o la partecipazione a qualsivoglia attività del Rito Scozzese antico e accettato da parte dei Fratelli del Goi costituirà colpa massonica”, si legge nel decreto con cui il 13 giugno scorso Seminario ha sospeso i rapporti con gli “scozzesi”.

La lettera degli “scozzesi” – Cinque giorni dopo ecco che il Sovrano del Rito Scozzese ha preso carta e penna per scrivere al Gran maestro. “Abbiamo letto con vivo dolore il Vostro Decreto, che scava un profondo solco tra il Grande Oriente d’Italia Palazzo Giustiniani, di cui Voi reggete il maglietto, e il Rito Scozzese Antico ed Accettato per la Giurisdizione Massonica Italiana, di cui Noi siamo Sovrano Gran Commendatore”, si legge nella missiva, pubblicata dal sito Liberomuratore.com, sempre molto informato sulle vicende massoniche. “Nelle rispettive qualità – prosegue Nigro – abbiamo distinte ma sovrapponibili responsabilità nei confronti dei Fratelli, nei confronti delle Istituzioni che guidiamo, nei confronti delle Potenze Massoniche Internazionali, nei confronti dell’Italia, nei confronti della nostra storia. È sulla base di queste responsabilità che facciamo appello alla Vostra sensibilità ed attenzione rispetto alle parole che seguono”.

“Mannaia sul Rito scozzese” – Nella sua lettera Nigro parla dei “220 anni di storia comune” e ricorda come il legame tra Goi e Rsaa risalga al 1908. Poi rivendica che “la regolarità del Supremo Consiglio (l’organo al vertice del Rito scozzese ndr) ha contribuito a garantire la tenuta, Internazionale e Nazionale, del Grande Oriente d’Italia durante i periodi bui della P2, delle inchieste di Cordova e del disconoscimento da parte della Gran loggia unita d’Inghilterra“. A questo punto il leader del Rito Scozzese ripercorre i provvedimenti disciplinari presi dal Vascello (la villa dove ha sede il Goi a Roma) nei confronti di esponenti apicali della sua istituzione: “Edo Biondo, (Luogotenente Sovrano Gran Commentatore) prima sospeso, poi condannato e non ancora riammesso ai lavori; Gian Paolo Barbi (Sovrano Gran Commendatore), Andrea Roselli (Gran Priore), Giuseppe Caprarola (Gran Cancelliere), Stanislao Saeli (Gran Tesoriere), Valter Guandalini (Grande Oratore), prima sospesi e poi espulsi”. Secondo Nigro “l’azione disciplinare interna al Goi è caduta come una mannaia sul Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato“. In pratica il leader degli “scozzesi” accusa Seminario di aver voluto colpire tutti i massoni che sostengono Taroni: “A breve – scrive – lungo questa strada, il Supremo Consiglio sarebbe stato composto solo da Voi, che ne fate parte in quanto Membro Attivo a prescindere dalla Vostra carica di Gran Maestro dell’Ordine, e pochi altri, di cui quasi tutti, nella loro assoluta e intangibile libertà personale, si sono espressi a Vostro favore nel corso delle elezioni per il Gran Maestro”.

“Rivediamo gli accordi” – Ma non solo. Perchè nel seguito della sua missiva Nigro conferma la volontà di modificare i protocolli che regolano i rapporti tra le due istituzioni. È per questo motivo che Seminario ha deciso di emanare il suo bando. “Sono stati aboliti i punti 5 e 6 dell’art.17 Statuto, che prevedevano l’automatico recepimento nell’autonoma organizzazione del Rito Scozzese dei provvedimenti disciplinari irrogati dal Grande Oriente d’Italia nei confronti degli affiliati (evidenzio, a margine, che non esistono prescrizioni simmetriche nell’ordinamento interno del Goi); – ricostruisce Nigro – È stato modificato il tenore dell’art.12 dello Statuto e dell’art.3 del Regolamento, laddove limitavano l’appartenenza al Rito ai Fratelli che fossero ‘membri attivi‘ della Gran Loggia della Libera Muratoria simbolica tradizionale riconosciuta. Ora possono essere membri del Rito Scozzese Antico ed Accettato anche i Fratelli che ‘sono stati’ membri attivi di una Loggia all’obbedienza della Gran Loggia della Libera Muratoria simbolica tradizionale riconosciuta”. In questo modo dunque il Rito Scozzese non è più obbligato a recepire provvedimenti disciplinari adottati dal Grande Oriente e quindi può accogliere anche massoni che sono stati sospesi o espulsi dal Vascello. Al Fatto Quotidiano Seminario ha detto anche che il Rito Scozzese voleva cooptare “fratelli provenienti da altre obbedienze”. Nella sua lettera, però, Nigro smentisce questo passaggio: “Possiamo assicurare con la massima certezza che nessun Membro Attivo ha mai inteso consentire l’iscrizione al Rsaa anche di Massoni appartenenti a comunioni diverse dal Grande Oriente d’Italia, Palazzo Giustiniani“.

Rischio scissione – Gli “scozzesi”, dunque, confermano l’intenzione di voler modificare le regole che disciplinano i rapporti col Goi. “Voi stesso – scrive Nigro al Gran maestro – avete ravvisato la necessità di rivedere questi accordi, come dichiarato pubblicamente pochi giorni fa. Allo scopo di rivederli e meglio regolare i rapporti tra Grande Oriente d’Italia e Rito Scozzese, nuovamente Vi invitiamo ad un proficuo confronto per costruire nuove e più solide basi su cui regolare i reciproci rapporti istituzionali”, si legge nella missiva con cui si chiede a Seminario di ritirare il suo bando. Solo l’ultima novità di una guerra fratricida, che potrebbe segnare una nuova scissione all’interno della massoneria italiana.

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Politica e massoneria, le cimici del Ros nella loggia in Calabria: “L’orologio di Gelli, i voti al candidato di centrosinistra e quelli alla Lega”

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“Una mattina mi sono innervosito, sono andato là e mi esce uno che aveva un cappuccio nero sulla testa”. C’è un aspetto dell’inchiesta “Ducale” rimasto sullo sfondo dell’indagine della Dda di Reggio Calabria sugli intrecci tra ‘ndrangheta e politica che l’11 giugno scorso ha portato a diversi arresti. Un aspetto che porta dritto dentro una loggia massonica del Grande oriente italiano e che non è legato alla cosca Araniti e a Daniel Barillà, il genero del presunto boss Domenico Araniti, considerato trait d’union con le istituzioni. Per il grande elettore di destra e sinistra il gup aveva ordinato i domiciliari, poi revocati dal Riesame che per lui ha disposto, invece, l’obbligo di firma. L’accusa di avere rapporti con la ‘ndrangheta ha gettato nel panico i palazzi della politica reggina che coccolava Barillà e il suo pacchetto di voti. Per la Procura si è consumato uno scambio elettorale politico-mafioso che non ha risparmiato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giuseppe Neri, il consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera (per i quali era stato chiesto l’arresto), il sindaco Giuseppe Falcomatà, l’assessore comunale Mimmetto Battaglia (Pd) e il consigliere leghista Mario Cardia.

“Ho bussato e ha risposto uno col cappuccio” – Tutto parte dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mario Chindemi, che il 4 aprile 2019 si trova nella sala interrogatori del carcere di Rebibbia assieme al procuratore aggiunto Stefano Musolino e al pm Sabrina Fornaro. A loro racconta un episodio singolare avvenuto prima di essere arrestato. Nei pressi della sua abitazione c’è un capannone, una volta utilizzato come ristorante, in cui alcune persone si riunivano con regolarità occupando tutti i parcheggi della zona. “Venivano gente, voglio dire… oltre 30-40 persone… non è che venivano tutti i giorni, però ogni 15-20 giorni, ogni due mesi”. E tutte le volte Mario Chindemi si ritrovava con l’auto bloccata: “Una mattina mi sono innervosito, sono andato là e mi esce uno che aveva un cappuccio nero sulla testa… mi apre… non mi ha conosciuto e se l’è tolto, mi ha detto: ‘Che ha bisogno?’, gli ho detto: ‘Che ho bisogno? Tutte quelle macchine là, per gentilezza fatele uscire, vedete come le dovete sistemare per uscire sennò facciamo qua un bel po’ di fuoco e facciamo caldo”.

Le cimici nella loggia –Il pentito aveva perso la pazienza e non aveva esitato a minacciare quell’uomo incappucciato. Non si era reso conto, però, che aveva appena interrotto una riunione della loggia massonica Sirius Vera Luce, la numero 234 del Grande Oriente di Italia. Quello col cappuccio, infatti, ricopriva la carica di Primo sorvegliante: era “un certo Stillitano”, la stessa persona che gli era stata presentata in percedenza da suo fratello, Pasquale Chindemi. “Questo era vicino ai Libri (cosca di Reggio Calabria, ndr), all’epoca della guerra, oggi è un massone”. Bastano queste poche frasi per dare il là all’ennesimo filone dell’inchiesta “Ducale” che coinvolge il consigliere comunale Mario Cardia, oggi della Lega ma eletto nel settembre 2020 con la lista “S’intesi”, collegata al candidato sindaco del Pd Giuseppe Falcomatà. Ma andiamo con ordine. Dalle carte dell’inchiesta emerge il resoconto di come la loggia massonica si sia mossa in campagna elettorale riuscendo a fare eleggere un suo iscritto, Mario Cardia appunto, al consiglio un comunale. “Che lei sappia, questa cosa è ancora là? Funziona ancora?”. Alla domanda del procuratore aggiunto Musolino, il pentito Mario Chindemi non si scompone: “Fino al giorno dell’arresto era al 100%, voglio dire … può essere che fino a dicembre c’è stato, ora non so”.

“Bisogna dare una mano a Marietto” – Tanto basta per consentire alla Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, di disporre le intercettazioni. Il resto lo fanno i carabinieri del Ros che riescono non solo a mettere sotto controllo i telefoni dei soggetti che ruotano attorno alla loggia massonica ma anche a piazzare una cimice all’interno del tempio, registrando così le riunioni della “camera di mezzo”. “Come sei combinato tu? Ci dobbiamo vedere, per dargli una mano a Marietto… a Mario Cardia”. A parlare è sempre l’uomo che il pentito Chindemi cita nel suo verbale. Si tratta di Carmelo Stelitano, primo sorvegliante della loggia Sirius Vera Luce, ex funzionario della Città metropolitana di Reggio Calabria. Stelitano è incensurato ma il padre Sebastiano, detto “u Tarpa”, è stato condannato nel processo Crimine ed è definito dal Ros “un elemento di vertice del locale di ‘ndrangheta di Roghudi”. Stelitano è cognato di Antonio Libri, il figlio del defunto mammasantissima don Mico Libri, uno dei protagonisti indiscussi della guerra di ‘ndrangheta che ha insanguinato Reggio Calabria dal 1985 al 1991.

L’orologio di Gelli in regalo – Carmelo Stelitano cercava i voti per “Marietto” alle amministrative del settembre 2020 e alla fine Cardia è stato eletto con 1215 preferenze. “Ora mi sono seccato. Ora voglio risposte. Abbiamo finito di giocare… – sono le parole del massone – Se vince Falcomatà, Mario è assessore, a Mario gli deve dare l’assessorato per forza”. La campagna elettorale nella loggia massonica è un susseguirsi di incontri, che proseguono pure in vista del ballottaggio: “Venerdì abbiamo una ‘gemmazione’. Se vuoi che ci vediamo con il Gran Maestro”. Il riferimento è a Nicola Tucci, un massone (non indagato) originario di Rossano che, a suo dire, quattro anni prima aveva ricevuto in dono un orologio in oro appartenuto a Licio Gelli, “con la cosa massonica”. Tucci è un massone di rango che arriva a Reggio per Cardia e nell’occasione viene organizzata “una tornata avente ad oggetto la gemmazione di una nuova officina all’interno dell’obbedienza del Grande Oriente d’Italia obbedienza Piazza del Gesù”. La gemmazione avviene quando una una loggia è ormai troppo numerosa e una parte dei massoni decide di crearne un’altra. Gli onori di casa li fa sempre Stelitano che avvisa Tucci di aver “chiuso con quel gruppetto di sette/otto fratelli” aggiungendo che “venerdì sera, se è disponibile… se è libero… perché questo è il capo struttura di… del consigliere Giannetta della Regione Calabria (Domenico Giannetta di Forza Italia, anche lui non indagato, ndr)… l’ho invitato così parliamo di persona”.

“Un magistrato e due del Ros vogliono aderire” – “Sette/otto fratelli… tutte persone serie… tutte persone a modo… un consigliere comunale” assicura Stelitano a Tucci che, “nel suo intervento, poneva l’accento – scrive il Ros – sulle qualità morali che il massone deve possedere”. Il maestro venerabile ricorda gli anni passati quando la massoneria creava carriere politiche dal nulla, da Reggio Calabria a Roma. Cita il gran maestro aggiunto del Goi, “il fratello defunto Ettore Loizzo” che insieme ad “altri trentatré di Palazzo Giustiniani” fu il promotore di “un’altra ‘stellina’, un uomo che è della vostra città. Un onorevole che fu preso prima dalla cima dei capelli, portato ad una…. e poi, successivamente, portato al ruolo apicale di responsabilità politiche e partitiche in Italia”. Tucci ignora che le microspie della Dda stanno registrando e, con i fratelli della loggia di Gallico, affronta pure il tema della “crescita qualitativa” del Goi riferendo di aver incontrato “un magistrato, due comandanti dei Ros dei carabinieri e un direttore della Bnl intenzionati ad aderire alla massoneria”. In attesa delle nuove adesioni e rimpiangendo i tempi della “stellina” inventata da Loizzo, però, il massimo che la loggia può esprimere è “Marietto” Cardia che, in campagna elettorale, stringe mani, distribuisce santini, si mette il cappuccio e continua a stringere mani.

Il tradimento del fratello – Alla fine il risultato arriva e Stelitano non tarda a vantarsi con gli altri fratelli di loggia spiegando che Cardia “aveva spaccato alle scorse elezioni anche grazie al suo sostegno elettorale quantificabile in circa 300 preferenze”. Le aspettative, però, vengono disattese dopo che il sindaco Falcomatà lascia fuori dalla giunta Cardia al quale un altro massone avrebbe “suggerito l’esigenza di ottenere uno strumento (come l’assegnazione di deleghe, ndr) per poter cercare di fare delle piccole cortesie alle persone che lo avevano sostenuto elettoralmente”. Il massone-consigliere, invece, prima si limita a manifestare il suo risentimento nei confronti del sindaco (a detta di un “fratello” lo avrebbe definito uno “storto” e “arrogante”) e poi si allontana dalla loggia. Stelitano è sconfortato e al telefono non nasconde la sua irritazione nei confronti di “Mario sottolineando di essersi esposto con l’intero gruppo della loro associazione”. Nel luglio 2021, per discutere dell’atteggiamento del consigliere comunale, viene addirittura convocata la riunione della “Camera di mezzo” in cui uno dei fratelli accusa Cardia di aver “sfruttato la loro officina per ottenere i voti elettorali, – sintetizza il Ros – dopo di ché aveva voltato le spalle a tutti, dicendosi certo che lo stesso, non avendo alcun potere politico, non avrebbe fatto favori a nessuno”.

La richiesta di vedere Salvini – Dopo le comunali e digerita la delusione Cardia, muore la presidente della Regione Calabria Jole Santelli e si torna al voto per le regionali. La loggia Sirius Vera Luce si deve riorganizzare. La volontà è “di supportare la coalizione di centrodestra” e per farlo nell’agosto 2021 Carmelo Stelitano telefona a Nicola Tucci che gli propone “di fare qualcosa in vista delle prossime elezioni regionali”. Non prima però di lamentarsi “per il comportamento assunto dagli esponenti della Lega, i quali avrebbero potuto dargli qualche riconoscimento”. “Stelitano Carmelo – scrive il Ros – ribatteva asserendo che avrebbe provato a contattare la Minasi”. Se il massone si sia incontrato con l’attuale senatrice del Carroccio Tilde Minasi non emerge dall’inchiesta, ma Tucci parlando con Stelitano regala agli inquirenti in ascolto le sue perle politiche: “Affermava che il loro sistema fosse costituito da 24 logge aggiungendo che quando aveva fatto l’operazione con Mimmo Scilipoti, aveva organizzato quattro cene facendo partecipare 40 fratelli per ognuna e consentendogli di far eleggere il sesto senatore in Calabria, in quota Forza Italia”, è la sintesi dei carabinieri del Ros. L’obiettivo dei massoni, secondo gli investigatori, era semplice: “Il loro interesse era solo quello di inserire alcuni loro fratelli nella segreteria in Calabria”. Di questo Stelitano ne ha parlato con il consigliere comunale e candidato a sindaco del centrodestra “Nino Minicuci, appartenente alla Lega e avrebbe programmato un appuntamento con lo stesso”. Se si sia concretizzato non è chiaro, ma il successivo passaggio della conversazione consegna agli investigatori del Ros l’immagine plastica di come un massone arriva dove vuole in politica: “Tucci Nicola chiedeva se lo stesso (Minicuci, ndr) avesse un contatto diretto con Salvini e Stelitano Carmelo confermava, ribadendo che lo avrebbero visto assieme”.

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Colpo di scena nella massoneria, il tribunale di Roma sospende l’elezione di Seminario a numero uno del Grande Oriente d’Italia

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Una decisione che probabilmente non ha precedenti, in oltre duecento anni di storia della massoneria. È quella presa dal tribunale civile di Roma, che ha sospeso l’elezione di Antonio Seminario a Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. È contenuto in un’ordinanza di dieci pagine l’ultimo colpo di scena nell’ormai lunghissima lotta intestina che ha dilaniato la principale obbedienza massonica del Paese. Nel marzo scorso, infatti, le elezioni per incoronare il successore di Stefano Bisi hanno spaccato in due il Grande oriente. Tra cappucci e grembiulini hanno cominciato a circolare veleni, espulsioni e accuse incrociate di brogli.

Carte bollate – Dal giorno successivo all’esito del voto è andata in onda una battaglia combattuta a colpi di carte bollate. A sfidarsi gli elettori di Leo Taroni, candidato che aveva messo al centro del suo programma la lotta alle infiltrazioni mafiose nelle logge, e i sostenitori di Seminario, uscito vincitore dopo alcune “operazioni di controllo e verifica” della Commissione elettorale nazionale. Erano proprio queste azioni ad aver provocato l’ira di Taroni e dei suoi. Gli sconfitti avevano inondato di ricorsi il tribunale di Roma, che per tre volte aveva rigettato le istanze. A questo giro, però, il giudice della sedicesima sezione Maurizio Manzi ha dato ragione a 12 sostenitori di Taroni, assistiti dall’avvocato Lorenzo Borrè.

Sfida all’ultimo voto – Al centro del ricorso ci sono appunto le delibere della Commissione. Il totale dei voti a urne chiuse, infatti, aveva incoronato Taroni con 6482 preferenze, seguito da Seminario a quota 6467. La Commissione elettorale, però, aveva deciso di considerare nulle 245 preferenze: la maggior parte (139) erano a favore di Taroni. Si trattava delle schede che presentavano ancora il talloncino antifrode: non era stato rimosso prima della votazione. Senza quelle preferenze Seminario aveva trionfato con 6368 voti, 26 in più rispetto a Taroni. L’annullamento di quei voti, però, è considerato illegittimo dal giudice. “Non è previsto in alcuna delle disposizioni costitutive ed ordinamentali del Goi che la mancata rimozione del talloncino antifrode, apposto sulla scheda elettorale, sia motivo di invalidazione del voto espresso, non soccorrendo a tal fine le indicazioni contenute in circolari di natura interpretativa (che, come noto, non sono fonti del diritto)”, scrive il magistrato nella sua ordinanza. “In ogni caso – prosegue – l’errore consistito nell’inserire nell’urna la scheda senza rimuovere il talloncino antifrode non è ascrivibile all’elettore, ma all’ufficio elettorale che avrebbe dovuto rimuoverlo una volta presa in consegna la scheda all’esito della espressione del diritto di voto”.

La decisione del giudice – Per questo motivo il giudice spiega che “deve essere privilegiato il favor voti non potendo essere rimessa alla condotta dei componenti del singolo ufficio elettorale circoscrizionale (i quali, in ipotesi, potrebbero avere interesse a favorire i componenti di una determinata lista) ogni decisiva determinazione al fine di condizionare la validità del voto espresso“. Ecco perché “in definitiva l’operato degli elettori, i quali hanno espresso liberamente il voto, non può essere fatto oggetto di censura non essendo rimesso agli stessi l’adempimento di rimuovere il talloncino antifrode prima di depositare la scheda nell’involucro di raccolta”. Sulla base di questa motivazione il tribunale ha emesso una ordinanza che sospende l’efficacia delle delibere adottate dalla Commissione per annullare le schede votate e attribuire il numero definitivo di voti alle liste. Non avendo più valore quelle decisioni, il giudice ha quindi sospeso pure l’efficacia dell’atto di proclamazione di Seminario come nuovo Gran maestro e degli altri massoni del suo schieramento eletti al vertice del Goi. Quasi otto mesi dopo il voto, dunque, la corsa al vertice del Grande Oriente potrebbe ripartire da zero. Cosa succede adesso? Decade Seminario e s’insedia Taroni? O serviranno nuovi passaggi per decidere chi sarà il Gran maestro di oltre 23mila massoni? “Confido che ora la Commissione adotti i provvedimenti conseguenziali e che si proclami il vincitore in forza del maggior numero di preferenze conseguite, senza necessità di ulteriori azioni giudiziarie. In poche parole: Pace con giustizia”, dice l’avvocato Borrè. Il Grande Oriente d’Italia ha commentato la notizia con una nota in cui spiega che “provvederà all’adozione degli atti conseguenti ai fini della esatta esecuzione del provvedimento cautelare in conformità alla legge, fatti salvi gli esiti del proponendo reclamo“. Seminario, difeso dagli avvocati Fabio Federico e Raffaele D’Ottavio, si opporrà dunque alla decisione del tribunale. Da capire se nel frattempo la decisione del giudice potrà essere sospesa o meno.

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“Lo Stato ha violato la privacy dei massoni quando ha sequestrato gli elenchi degli iscritti al Grande Oriente”: la sentenza della Cedu

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Lo Stato italiano ha violato la privacy dei massoni iscritti al Grande oriente d’Italia. Lo sostiene la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha dato ragione alla principale obbedienza del Paese. I massoni avevano fatto ricorso a Strasburgo, quando nel 2017 la Guardia di Finanza aveva fatto irruzione al Vascello, la sede del Goi a Roma. A inviare le Fiamme gialle a sequestrare le liste degli iscritti nelle logge della Sicilia e della Calabria era stata la Commissione Antimafia, all’epoca guidata da Rosy Bindi. Era stato il culmine dello scontro tra Palazzo San Macuto, impegnato in un’indagine su mafia e massoneria, e l’obbedienza guidata dal Gran maestro Stefano Bisi.

Il sequestro degli elenchi – Più volte l’Antimafia aveva chiesto le liste dei massoni siciliani e calabresi e alla fine la Commissione parlamentare aveva deciso di usare i poteri dell’autorità giudiziaria. “Il Goi si era rifiutato di consegnare tali elenchi spontaneamente in quanto da un lato non risultava che alcun iscritto fosse indagato dalla magistratura e dall’altro perchè ciò avrebbe costituito una massiccia violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali degli iscritti”, ricostruisce oggi la principale obbedienza massonica. Tra roventi polemiche, il Grande oriente aveva chiesto il dissequestro degli elenchi al tribunale di Roma e poi aveva fatto ricorso al Garante della privacy: in entrambi i casi le istanze erano state rigettate. A quel punto il Goi aveva deciso di andare fino a Strasburgo. Sette anni dopo i giudici della Cedu hanno condiviso la posizione del professor Vincenzo Zeno-Zencovich, che rappresenta i massoni, condannando lo Stato a versare 9.600 euro per danni non pecuniari e 5.344 euro per spese legali al Grande oriente.

La sentenza di Strasburgo – A dare notizia della sentenza è un comunicato pubblicato sul sito del Goi, che ricorda come all’epoca furono sequestrati 39 faldoni con le schede di circa seimila iscritti alle loggie di Sicilia e Calabria. “Dopo tale massiccio sequestro, nelle 500 pagine della relazione finale della Commissione firmata dall’on. Bindi non vi è l’indicazione di neanche un iscritto al Grande Oriente d’Italia che risulti indagato dalla magistratura per reati di mafia”, sottolineano i massoni. Nel ricorso a Strasburgo, l’avvocato Zeno-Zencovich aveva definito come “intimidatoria” la natura della perquisizione. In una sentenza lunga 40 pagine la Cedu considera la perquisizione e il sequestro come una violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che disciplina il diritto al rispetto del domicilio e della riservatezza. La Cedu, inoltre sostiene che il provvedimento eseguito dalla Finanza fosse “sproporzionato”: “Non vi era alcuna evidenza che la acquisizione di tanti dati cartacei e digitali fossero rilevanti ai fini della inchiesta della Commissione”, ricostruisce il Goi. La Corte europea critica anche il fatto che non si possa fare ricorso contro le decisioni della Commissione parlamentari, auspicando l’esistenza di una “qualche forma di controllo ex ante o ex post da parte di una autorità indipendente quale garanzia essenziale contro interferenze arbitrarie dei pubblici poteri”. Per tutte queste ragioni la Cedu considera la perquisizione e il sequestro come “non conformi ” e “non necessarie in una società democratica”.

Il commento di Bisi – “Non si può certo gioire per la condanna dell’Italia, dichiarata ancora una volta gravemente responsabile di azioni in danno del Grande Oriente d’Italia Palazzo Giustiniani, ma deve necessariamente trarsi insegnamento per il futuro. Il Grande Oriente d’Italia prosegue, infatti, la Sua azione giudiziaria nei confronti dello Stato per la restituzione di Palazzo Giustiniani nella piena consapevolezza che il tempo restituirà Verità alla Giustizia”, commenta Bisi, citando un’altra battaglia che contrappone l’obbedienza al Parlamento. Da tempo, infatti, il Goi rivendica la proprietà dello storico stabile nel centro di Roma, occupato dal Senato dai tempi del fascismo. Nel comunicato apparso sul sito del Grande oriente, Bisi è indicato come Gran maestro, nonostante il suo decennale doppio mandato sia finito nel marzo scorso. Dopo il voto per eleggere il suo successore, infatti, tra i grembiulini è scoppiata una furiosa guerra intestina tra accuse incrociate di brogli e carte bollate. La lite è poi finita in tribunale con l’elezione del nuovo Gran maestro Antonio Seminario sospesa dai giudici di Roma. A questo punto Bisi è tornato in sella, considerandosi Gran maestro in carica in regime di prorogatio. Nel frattempo, però, in uno dei tanti procedimenti in corso, il tribunale ha nominato l’avvocato Raffaele Cappiello come curatore speciale dell’obbedienza: in pratica un profano – cioè uno che non è iscritto alla massoneria – rappresenta la principale obbedienza del Paese. È la prima volta in oltre duecento anni. Questa, però, è un’altra storia.

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Sindaca di Prato indagata, i pm: “Imprenditore massone finanziò due campagne elettorali”

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Il giorno dopo la notizia dell’indagine per corruzione che coinvolge la sindaca di Prato del Pd, Ilaria Bugetti, emerge che secondo le indagini del Ros e della procura di Firenze l’industriale Riccardo Matteini Bresci avrebbe sostenuto e finanziato due campagne elettorali dell’attuale prima cittadina. Nel 2020 l’imprenditore, secondo l’ipotesi di chi indaga, anche in qualità di gran maestro di una loggia di Prato, avrebbe reperito 4.000 voti per Bugetti attraverso appartenenti alla massoneria, oltre a finanziamenti elettorali, per farla eleggere al Consiglio regionale della Toscana, come avvenne. Poi dal marzo al maggio 2024 lo stesso imprenditore avrebbe garantito ancora i voti necessari e un finanziamento al momento quantificato in 27.000 euro a favore della campagna di Bugetti.

“Benedetta” – Nella fase di ‘lancio’ all’interno del centrosinistra di Bugetti come candidata sindaco in quota Pd, Matteini Bresci diceva che Ilaria Bugetti aveva ottenuto l’assenso di ambienti della massoneria e che eleggerla sindaco avrebbe significato avere per cinque anni un interlocutore, inoltre, con figura retorica, diceva che era stata “benedetta” rispetto al candidato sindaco del centrodestra.

Le indagini – Secondo l’inchiesta, sia da eletta in Regione Toscana sia come sindaco di Prato, Ilaria Bugetti si sarebbe adoperata per assecondare le esigenze di Matteini Bresci. Tra queste, spicca la depurazione delle acque reflue che riguardava, per costi ingenti, anche gli stabilimenti del gruppo industriale Colle oltre a quelli degli altri industriali consorziati. Sempre secondo le indagini a Bugetti sarebbe stato richiesto da Matteini di agire sugli iter, sull’abbassamento dei canoni e, per quanto riguarda il gruppo Colle, in particolare Matteini Bresci le avrebbe chiesto di intervenire sull’assessora regionale all’ambiente Monia Monni per mitigare gli effetti dei controlli dell’Arpat, che insieme alle verifiche del Noe dei carabinieri, avrebbero potuto far sospendere l’attività produttiva dell’impresa. Sempre sulla depurazione, la procura evidenzia il passaggio delle quote del consorzio di depurazione pratese Gida possedute da Comune e Associazione industriali alla multiutility toscana Alia spa. Bugetti, secondo Matteini Bresci, gli avrebbe promesso aiuto politico per realizzare la cessione della partecipazione in Gida a vantaggio degli interessi degli industriali.

La richiesta di arresto – Per gli inquirenti la politica va arrestata perché ricattabile e asservita alle richieste dell’industriale. La procura, nel richiedere l’arresto al giudice per le indagini preliminari, ritiene che Bugetti non garantisca alla cittadinanza di Prato l’indipendenza e la terzietà che deve dare un sindaco e anche per questo motivo anche l’imprenditore deve essere arrestato. Per gli inquirenti c’è una duratura reiterazione di illeciti nello schema tenuto dai due indagati, vale a dire il sostegno elettorale in cambio di interventi nelle istituzioni a favore degli interessi di Matteini. Ciò, a partire da quando Bugetti venne eletta al Consiglio regionale della Toscana fino all’elezione come sindaco di Prato. La procura di Firenze ha chiesto gli arresti anche per inquinamento delle prove.

“L’attrezzo” – Gli inquirenti hanno riscontrato un “rapporto patologico” risalente nel tempo fra i due. Bugetti in passato era stata pure dipendente di un’azienda del gruppo Colle controllato dall’imprenditore e una volta passata alla politica avrebbe asservito la sua funzione, prima di consigliere regionale della Toscana e poi di sindaca, agli interessi di Matteini Bresci. L’industriale in un’intercettazione ne garantiva agli interlocutori la fedeltà parlandone come di un suo “attrezzo”, di averla a disposizione dentro le istituzioni. Matteini Bresci, è la convinzione della procura, condiziona tuttora Ilaria Bugetti su scelte fatte nell’esercizio del suo ruolo di pubblico ufficiale. E Bugetti ha continuato a mostrarsi sensibile alle richieste dell’industriale nonostante che nel frattempo lui abbia patteggiato, in altra vicenda, una condanna per corruzione e per tentata concussione in uno scambio di favori con l’ex comandante dei carabinieri di Prato.

La difesa – In una nota Bugetti, difesa dagli avvocati Salvatore Tesoriero e Piernicola Badiani, ha spiegato di aver ricevuto l’avviso di garanzia. “Mi sono subito messa a disposizione dell’autorità giudiziaria – ha dichiarato – nel rispetto reciproco dei ruoli. Ho piena fiducia nella magistratura e sono certa di poter chiarire ogni aspetto. Il mio operato è sempre stato improntato alla correttezza personale, istituzionale e giuridica”. “Proseguo nel mio ruolo – ha aggiunto – con la stessa dedizione e attenzione al bene comune che ha sempre guidato il mio impegno politico”. Il Pd, con i parlamentari toscani Emiliano Fossi e Marco Furfaro, si è da subito schierato in difesa della sindaca, con dichiarazioni di vicinanza e di certezza che “saprà dimostrare la sua estraneità ai fatti e la correttezza del suo lavoro”, esprimendo al tempo stesso “profondo rispetto e massima fiducia nell’operato della magistratura affinché sia fatta chiarezza”. L’opposizione comunale di Prato si è riservata di intraprendere azioni politiche dopo la decisione del gip sulla richiesta di arresti. Tra le reazioni il deputato di Fdi Francesco Michelotti ha annunciato che chiederà al presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo “di fare richiesta degli atti alla Dda di Firenze”: “Mantenendo sempre ogni profilo di garanzia, che è proprio della fase delle indagini, occorre approfondire ogni aspetto nell’interesse di Prato”.

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